QUALCIO: L’intervista a Francesco Totti

QUALCIO: L’intervista a Francesco Totti

Ecco l’intervista in esclusiva diQUALCIO, mensile di calcio giovanile diretto daMarco Battaglia, al Capitano della Roma,Francesco Totti: “Praticamente sono nato con il pallone attaccato ai piedi. Appena ho iniziato a camminare prendevo a calci qualsiasi oggetto sferico che mi capitava sotto tiro. Ho cominciato a giocare al campo sotto casa, alla Fortitudo, una società di San Giovanni che oggi non esiste più. Come tutti pensavo solo a divertirmi. Non era però solo la Fortitudo: giocavo dappertutto. Con gli amici sotto casa bastava una saracinesca, due alberi a far da palo, ma anche due cartelle e il gioco era fatto. In qualsiasi posto mi trovavo e avevo un pallone cominciavo a giocare: a casa con mio fratello facevamo il panico, con nostra madre che andava su tutte le furie e i vicini che si lamentavano per il continuo baccano.I miei passatempi preferiti però erano due: la “tedesca” e il “battimuro”. Ripensandoci oggi, penso che quei due giochi erano il modo migliore per affinare la tecnica e gestire il controllo del pallone. E’ un tipo di allenamento che consiglio ai ragazzi, anche se mi rendo conto che, purtroppo, oggi non è possibile per tutti trovare spazi idonei per praticare questi giochi, prima era più facile tirare calci per strada, oggi è pericoloso. Un’altra cosa che mi faceva impazzire erano i palleggi: per me era una sfida continua, non mi accontentavo mai del numero che raggiungevo, volevo sempre superare il mio record personale, anche perchè difficilmente trovavo qualcuno in grado di tenermi testa. Poi c’era anche il “torello”, un altro gioco molto utile per migliorare il controllo della palla. E’ anche grazie a questi “allenamenti” che ho migliorato la mia tecnica”“Mia madre è sempre stata per me un punto di riferimento: mi ha sempre tutelato dalle pressioni e dalle invidie che spesso si vivevano sulle tribune. Lei ha sempre fatto finta di niente e anche a casa non faceva mai commenti o dava giudizi. Per lei l’importante era il fatto che io mi divertissi e stessi bene, sereno. Lei sapeva che comunque ero abbastanza bravo, percepiva e viveva in prima persona le difficoltà “ambientali” ma non me le ha mai trasmesse. Mi ha permesso di crescere serenamente, pensando solo a giocare. Ma soprattutto mi ha insegnato i veri valori della vita: la famiglia, l’altruismo, la solidarietà.Oltre a lei è stato importante anche il sostegno di mio fratello Riccardo, di mio cugino Angelo e dei miei amici storici. Grazie a loro ho evitato brutti giri, cattive compagnie. Il sabato sera, anche se comunque ci avrebbe fatto piacere uscire e girare per Roma con i motorini, io a quei tempi avevo il “boosterino”, preferivamo starcene a giocare a carte nel garage di un amico sotto casa: il giorno dopo avevo la partita e anche loro erano consapevoli che non era certo andando a gironzolare per la città che mi avrebbero aiutato.Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza una società come la Roma alle spalle. Mi hanno fatto crescere dosando il mio talento con intelligenza: mi rendevo conto di essere forte in quanto giocavo sempre sotto età ma non mi hanno mai permesso di montarmi la testa. Nonostante fossi poco più di un ragazzino ero trattato sempre con estrema professionalità e questo mi ha permesso di maturare in fretta, sia calcisticamente che umanamente. La forza di questa società è anche quella di saper selezionare per il settore giovanile i migliori dirigenti e allenatori per mettere a disposizione dei ragazzi l’ambiente ideale per crescere. Un episodio con Mazzone me lo ricorderò per tutta la vita. Avevo poco più di 17 anni, feci una delle mie prime partite in prima squadra e a fine gara venni circondato dai cronisti. Intervenne lui tempestivamente e mi disse: “a ragazzì, vatte a fa la doccia che è mejo”. Questo vuol dire tutelare e far crescere i giovani. Adesso si critica il comportamento “duro” di Mourinho con Balotelli, secondo me il mister sta gestendo al meglio il ragazzo, deve capire che non basta essere forti, bisogna avere anche la testa se si vuole diventare campioni”.“Intanto spero di continuare a giocare il più possibile con questa maglia, con l’obiettivo di vincere qualche cosa di nuovo, magari proprio qui all’Olimpico… (il riferimento è chiaro ma per scaramanzia non nomina il prestigioso trofeo – ndr) poi si vedrà. Certo la mia scelta di vita è stata la Roma. Potevo andare in altre squadre, ma ho preferito vincere qui anche perchè uno scudetto vinto a Roma vale cento trofei vinti fuori. Se ci sarà la possibilità di continuare a contribuire al miglioramento di questa società sarei fiero di farne parte. Questo è un ambiente che fa ringiovanire. Ogni volta che vedo Bruno (Conti – ndr) mi chiedo come fa a mantenersi così giovane e forse il segreto è proprio nel suo passato come allenatore e responsabile del settore giovanile. Stare con i ragazzi aiuta a mantenersi giovani. Allenare invece i grandi non mi interessa: sono troppo buono…Sicuramente avrò a disposizione più tempo da dedicare alla donna che amo, ai miei figli, ne voglio altri due, ed anche al sociale. Per il momento, però, ho ancora tanto da dare alla Roma. La Roma mi ha permesso di realizzare tutti i miei sogni e finche avrò fiato e gambe le metterò a disposizione di questa straordinaria società. Quando mi renderò conto che non potrò più dare il mio contributo alla squadra appenderò gli scarpini al chiodo”.