ROMA E VUCINIC: QUESTIONE DI OBIETTIVI

La prima Roma del dopo-Totti gonfia il petto e ricaccia indietro, con veemenza, i fantasmi di un riaggancio della Juventus. All’Olimpico in una partita bagnata dal primo vero sole stagionale, Spalletti manda in campo un undici inedito. Nelle trentaquattro giornate lasciate alle spalle, infatti, il tecnico di Certaldo non aveva mai proposto lo schieramento che ha regolato in scioltezza il Toro di De Biasi. Più Brasile che Italia in campo, con la pattuglia sudamericana composta da cinque elementi e l’unica eccezione rappresentata dal terzo portiere Julio Sergio, finito anche ieri in tribuna.Un quarto d’ora caratterizzato da improvvise ripartenze, marchio di fabbrica dell’era spallettiana, ha messo in ginocchio il fortino costruito dai granata ai quali va dato comunque il merito di essere scesi in campo con l’intento di imporre i propri ritmi senza arroccarsi in difesa. Quattro gol in quattordici minuti rappresentano un record nel quale si stagliano alla perfezione le marcature di Pizarro, quarto rigorista giallorosso stagionale e giunto alla seconda rete in campionato, di Vucinic, in gol per la quarta domenica consecutiva ed approdato a quota otto in campionato e a tredici in stagione e la doppietta di un ritrovato Mancini, che non segnava due volte nella stessa partita dal sonoro 4-0 rifilato al Palermo il 17 dicembre del 2006. Il brasiliano non trovava la via del gol dal 19 febbraio scorso quando, controllato alla perfezione un assist al bacio di capitan Totti, saltò in agilità Iker Casillas prima di depositare in fondo al sacco il punto della vittoria contro il Real Madrid nell’andata degli ottavi di Champions. Dove terminano i meriti dei giallorossi subentrano i demeriti di un Torino dai nervi troppo fragili. Passino le recriminazioni per il rigore decretato dall’impresentabile Celi per un fallo su Perrotta iniziato nettamente fuori area, non è accettabile il quarto d’ora di pura follia che ha permesso a De Rossi e company di chiudere game, set e match. I granata lo sanno ed anche nella zona mista dell’Olimpico hanno recitato il mea-culpa. L’analisi più lucida è stata quella di Di Loreto che, dopo aver sottolineato i clamorosi errori del direttore di gara, ha ammesso che perdere le staffe in quella maniera non è comportamento da squadra matura. Prestare il fianco all’azione di rimessa orchestrata alla perfezione dalla regia mediana di De Rossi e Pizarro è stato il vero harakiri di una formazione che, almeno nel primo quarto d’ora, aveva dimostrato di godere di un buono stato di salute confermando i progressi inscenati già nella sfida di sette giorni fa contro l’Inter.Con le voragini lasciate in mezzo al campo la Roma è andata a nozze intascando i tre punti già a fine primo tempo (4-0, come 17 mesi fa contro il Catania di Marino). Missione compiuta, dunque, col minimo sforzo. Poco importa se nella ripresa, di fatto, i giallorossi non sono scesi sul rettangolo verde. Dal campo è apparso lampante un dato: nei primi cinque minuti della seconda metà di gioco la Roma ha dimostrato di poter pungere ancora a ripetizione, mettendo agli atti un Catania-bis. A quel punto, tuttavia, la necessità di fare ancora male non esisteva ed il Torino, grazie soprattutto ai tardivi inserimenti in campo di Ventola (che ha ritrovato un gol che mancava dal 31 ottobre scorso) e Di Michele, si è dimostrato abile nel non sfaldarsi definitivamente rialzando la testa e trovando subito la rete della bandiera. Era il quinto minuto della ripresa e la gara non ha più offerto spunti degni di nota. Anzi sì. Perché l’espulsione di Juan, sicuramente opinabile, è la punta dell’iceberg di un rendimento negativo che sta caratterizzando la seconda parte di stagione del centrale brasiliano. Dopo l’infortunio di gennaio per lo scontro con Barone (era Coppa Italia, ed anche in quella circostanza il Torino venne regolato con quattro sberle tutte in un tempo) il difensore, eccezion fatta per la trasferta all’Old Trafford dello scorso nove aprile, ha palesato un rendimento al di sotto delle aspettative, evidenziando preoccupanti segnali di involuzione. Detto dell’espulsione, Juan ha commesso ieri lo stesso errore che contro il Livorno era costato il gol del pari. In quella circostanza fu bravo Diamanti a procurarsi una punizione accentrandosi sulla sinistra, ma fu altrettanto ingenuo il brasiliano a lasciarsi puntare concedendo all’estroso attaccante di Camolese il lato di campo a lui più congeniale. Ieri il medesimo svarione è stato commesso con Rosina, lasciato libero di puntare dritto verso la porta con la sfera incollata al piede pregiato, il sinistro, e sul quale solo un disperato intervento in scivolata di Mexes ha evitato il peggio. Non un errore di poco conto, insomma, se si considera che il punteggio era ancora inchiodato sullo 0-0.Messa in ghiaccio la sfida di ieri i giallorossi si preparano ad affrontare le delicate trasferte sui campi di Sampdoria e, in Coppa Italia, Catania. Scoccherà di nuovo l’ora di Panucci, escluso di lusso ieri e chiamato a rimpiazzare gli squalificati Juan e Mexes, che salteranno per squalifica un appuntamento a testa. Ci sarà bisogno della migliore Roma, quella dei gol di Vucinic e delle accelerazioni di Mancini che ieri, per la prima volta dopo tanti mesi, ha lasciato il campo tra gli applausi. Dalla loro voglia passeranno molte delle speranze di chiudere la stagione centrando almeno un obiettivo. Il principe di Niksic, il suo, lo ha quasi raggiunto. A Luglio aveva dichiarato che avrebbe firmato per realizzare quindici gol in stagione: è giunto a quota tredici e sembra non volersi fermare più. L’anno prossimo, poi, si vedrà. Con un Mancini con le valigie sigillate da tempo non c’è Di Natale che tenga. Il posto sulla sinistra è già prenotato dal Maradona dei Balcani.